Ansia, basta difendersi: strategie per attraversarla e uscirne rafforzati

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Ansia, basta difendersi: strategie per attraversarla e uscirne rafforzati

L’ansia è un fenomeno psicologico complesso e pervasivo, che affonda le sue radici nelle strutture più primitive del nostro sistema neurofisiologico. Tuttavia, l’evoluzione culturale e sociale ha trasformato quella che era una risposta adattiva in una condizione spesso invalidante. La gestione dell’ansia, pertanto, non può più limitarsi a mere tecniche di rilassamento o prescrizioni farmacologiche, ma deve comprendere una ristrutturazione del modo in cui la persona interpreta e interagisce con i propri vissuti emotivi.

 L’ansia come costrutto adattivo e patogeno

L’ansia, di per sé, non è un nemico. Essa rappresenta una forma primaria di allerta, un meccanismo che ha permesso la sopravvivenza della specie. Quando però questo meccanismo si attiva in modo cronico e sproporzionato rispetto agli stimoli, si trasforma in una trappola psicologica. La gestione dell’ansia implica quindi un lavoro di decostruzione: occorre distinguere tra allerta funzionale e allarme patologico.

Le trappole mentali dell’ansia e le tentate soluzioni

La mente ansiosa tende a produrre paradossi. Più si tenta di controllare l’ansia, più essa si intensifica. Questo meccanismo, descritto dalla scuola di Palo Alto e approfondito da Giorgio Nardone, rivela come la maggior parte delle tentate soluzioni non faccia altro che aggravare il problema. Nel contesto della gestione dell’ansia, il tentativo di evitare i pensieri ansiogeni, di razionalizzare l’emotività o di controllare le proprie reazioni risulta essere non solo inefficace, ma addirittura disfunzionale.

Le strategie di evitamento cognitivo e comportamentale rinforzano il significato minaccioso attribuito a determinati stimoli interni o esterni. Questo crea un circolo vizioso in cui la paura della paura alimenta il sintomo stesso. Nella prospettiva della gestione, la chiave non è evitare, ma attraversare l’esperienza emotiva in modo funzionale e guidato.

 I modelli teorici: tra cognitivismo e strategia

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la terapia breve strategica offrono due visioni complementari del funzionamento ansioso. La prima si fonda su un modello razionale che mira alla ristrutturazione dei pensieri disfunzionali, la seconda agisce sul linguaggio e sul comportamento, intervenendo sul circolo interattivo che mantiene il disturbo. Entrambe le modalità hanno prodotto evidenze scientifiche significative nella gestione.

Beck (1976) sostiene che i pensieri automatici negativi siano la fonte primaria della risposta ansiosa. D’altro canto, Nardone (1993) dimostra che è il tentativo di controllo eccessivo a mantenere il problema. In entrambi i casi, la gestione dell’ansia richiede l’interruzione di schemi rigidi e autoalimentanti.

Strategie terapeutiche nella terapia breve strategica

Nel trattamento dell’ansia, la terapia breve strategica propone manovre controintuitive e paradossali capaci di interrompere i circoli viziosi autoalimentati. L’obiettivo non è quello di spiegare o interpretare l’ansia, ma di trasformarne il funzionamento. In questa logica, la gestione dell’ansia implica un agire sul sintomo affinché esso perda la sua funzione disfunzionale.

Una tecnica molto efficace è la ‘prescrizione del sintomo’, in cui si chiede al paziente di dedicare uno spazio e un tempo preciso alla sua ansia. Ad esempio: ‘Ogni giorno alle 17:00 per 15 minuti, siediti e preoccupati il più intensamente possibile’. Tale manovra riduce l’invasività dell’ansia e frammenta l’automatismo. La gestione dell’ansia diventa così un atto volontario e non più subito.

Interventi cognitivi e comportamentali

Nel panorama della CBT, la ristrutturazione cognitiva rappresenta uno strumento centrale per modificare il modo in cui l’individuo interpreta le situazioni ansiogene. La gestione , in questo caso, passa dalla sfida alle credenze disfunzionali: ‘Se non riesco a controllare tutto, andrà tutto male’ viene progressivamente sostituito con pensieri più flessibili e realistici.

Accanto alla ristrutturazione cognitiva si collocano le tecniche di esposizione graduale, in cui il soggetto affronta sistematicamente le situazioni temute fino a disconfermare le aspettative catastrofiche. Questo processo incrementa la tolleranza all’incertezza e rafforza l’autoefficacia, due pilastri fondamentali nella gestione dell’ansia.

Ansia: mindfulness, esposizione e accettazione

Nel trattamento moderno dei disturbi d’ansia, le pratiche di mindfulness e accettazione si sono dimostrate estremamente efficaci. Nate in ambito orientale, queste tecniche sono state integrate nei protocolli della psicoterapia occidentale, in particolare nella ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e nella MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy). La gestione dell’ansia, in questo contesto, non passa attraverso il controllo, ma attraverso l’apertura e l’accoglienza dei propri stati interni.

Esporsi ai pensieri e alle emozioni, senza evitarli né giudicarli, permette di ridurre la loro carica perturbante. La gestione dell’ansia diventa una pratica di presenza mentale, in cui l’individuo impara a restare nel qui e ora, a tollerare il disagio e a disinnescare la tendenza alla ruminazione.

Casi clinici e applicazioni reali

Nel lavoro clinico, la gestione dell’ansia si declina in modalità diverse a seconda del contesto. Prendiamo ad esempio il caso di una giovane professionista che soffriva di attacchi di panico ricorrenti legati alla paura di parlare in pubblico. Attraverso la prescrizione del sintomo e l’esposizione graduale, è riuscita a dissociare l’attivazione fisiologica dalla catastrofe temuta, recuperando progressivamente il senso di padronanza.

In un altro caso, un adolescente con ansia scolastica ha imparato a usare la tecnica del ‘diario dell’ansia’, registrando i pensieri e valutandoli con criteri razionali. Questa strategia cognitiva, affiancata da esercizi di rilassamento e visualizzazione positiva, ha permesso una gestione dell’ansia efficace, con un miglioramento della performance scolastica e della qualità del sonno.

Ansia: strategie pratiche

– Pianificare un tempo quotidiano dedicato all’ansia per ridurre la sua intrusività.

– Identificare le convinzioni irrazionali e metterle alla prova attraverso esperimenti comportamentali.

– Praticare la respirazione consapevole nei momenti di picco ansioso.

– Esporsi gradualmente alle situazioni temute, monitorando la riduzione dell’ansia nel tempo.

– Usare un diario per tracciare pensieri, emozioni e progressi.

Conclusione

La gestione dell’ansia richiede un approccio articolato, che unisca consapevolezza, azione strategica, ristrutturazione cognitiva e accettazione. Non esiste una tecnica unica, ma un insieme integrato di strumenti che, se adattati alla persona e al contesto, possono produrre cambiamenti significativi.

Bibliografia

– Beck, A. T. (1976). Cognitive Therapy and the Emotional Disorders.
– Nardone, G. (1993). Paura, panico, fobie.
– Wells, A. (1997). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders.
– Kabat-Zinn, J. (1990). Full Catastrophe Living.
– Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (1999). Acceptance and Commitment Therapy.
– Hofmann, S. G., et al. (2010). The Efficacy of Cognitive Behavioral Therapy: A Review of Meta-analyses.

 

Simona Lauri
Simona Lauri
Simona Lauri
Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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